
Tornata a casa sono subito entrata in day hospital per un controllo completo, volevo sapere cosa avevo, questa volta i sintomi erano evidenti, non poteva essere stress infatti.. avevo il cancro.
Mi sono operata il giorno dopo, tanto io me lo sentivo ed era inutile aspettare, cercare medici, consulti, quel posto mi piaceva, il caso mi aveva portato li, e non volevo altro. Potevo morire senza soccorsi in Venezuela tra le cascate del Sant’Angel, o nella palafitta tra le scimmiette e i pappagalli dell’Orinoco, ma quella non era la mia ora. Avevo già cominciato a programmare la mia prossima destinazione di viaggio, Galapagos, invece clinica Nostra Signora della Mercede, quindici giorni come in un grand’hotel. Ed io ho fotografato tutto, giorno per giorno, quello era il mio viaggio più importante, quello della vita. Quello delle foto era sempre il momento più allegro per tutti, mi vedevano una paziente un po’ stramba, ma tutti immortalati, medici infermiere, fisioterapisti, suorine, e gli amici che mi venivano a trovare. Ed io ovviamente, uscita dalla sala operatoria(avevo lasciato il compito di fotografo ufficiale dell’evento ad un amico)poi con tutti i tubi, poi con qualcuno in meno, la prima minestrina, la prima foto in piedi, e con il mio uomo, un bel trespolo con la fisiologica attaccata che mi alimentava e mi ha fatto compagnia per una settimana. Insomma devo dire che del dramma ho riso, fino al momento di decidere la chemio, se farla o no dipendeva dal responso dell’esame istologico. Il problema era che io avevo deciso che non l’avrei fatta comunque, quindi ho allarmato tutti, e tutti si sono prodigati a cercare di convincermi. Ma anche quello era scritto nel mio destino, era un “border line”, un cancro al limite, estratto completamente. Potevo evitare la chemio, ma controlli strettissimi per cinque anni.
Affare fatto vita, ti sfido ! I controlli strettissimi ti costringono a non dimenticare che sei appesa a un filo, quindi il rapporto con te stessa e con il fuori cambia, obbligatoriamente, anche se tu non vuoi pensarci, allora ho cominciato a vivere considerando l’impermanenza della vita, oggi ci siamo, ma per quanto? Cosa programmare e cosa prendere solo per quell’attimo?
Così sono qui a parlare del valore della vita, di come sia importante investirla nel modo giusto, dedicarne un po’ a chi ne ha bisogno. Invece di correre, di rincorre, prendersi delle pause, dei respiri. Alla fine della giornata, del mese, dell’anno ,ci renderemo conto di aver vissuto di più e meglio.
Ed anche l’amore, quello per i figli, il compagno, i genitori, un amore spesso ricavato fra una corsa e l’altra diventa più grande. Questa è la mia esperienza, immagino comune a molte persone, io la racconto perché io da questa storia ho compreso che spesso non si guarda con amore “dentro” la vita.
“Alla vita”
di
Nazim Hikmet
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell’al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non é uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio,
le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla é più bello,
più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, ad esempio,
pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.